lunedì 27 gennaio 2014

ALTRI 6 GRADI. E SARÀ LA FINE


di LUIGI SCARDIGLI

Tragicomico monologo di Covatta al Nazionale di Quarrata

QUARRATA. Fa ridere perché è fisicamente simpatico, Giobbe Covatta. Si ride solo a guardarlo. E no perché sia ridicolo, ma perché suscita buonumore, come buona parte di quei napoletani che sono chimicamente simpatici. Poi, quando parla, l’ilarità si decuplica, anche se racconta cose drammatiche, come quelle snocciolate ieri sera al Nazionale di Quarrata nel suo 6 gradi.

È questo il titolo del suo nuovo spettacolo, con il quale sta girando l’Italia in lungo e largo ed è di questa piccola variazione di temperatura che parla il comico partenopeo, suscitando risate che hanno il sapore di provare a tenere lontano un epilogo catastrofico. La realtà infatti, dimostrata non da uno stuolo di comici nichilisti, ma da apprezzati scienziati, è che la temperatura terrestre rischia seriamente il pericolo di innalzarsi di sei gradi nel prossimo secolo.
Giobbe Covatta – in scena per due ore esatte, senza la minima interruzione, se non per una, non preventivata, imposta dalla rottura della farfalla, prontamente sostituita, con uno sgargiante lungo giaccone rosso di pelle –, immagina di trovarsi nel 2114 e racconta cosa sia successo in questo ultimo scorcio di vita. Lo fa alla sua maniera, semiseria, guascona, divertente e profondamente professionale, senza però risparmiare e risparmiarsi alcuna considerazione. Racconta di un paese di ignoranti, il nostro, e non è difficile da immaginare, affannati nella rincorsa all’effimero che si dimentica di rispettare e preservare il posto che li accoglie, la terra.
Attorno a questa catastrofe ruota tutta la sua comicità, un classico del suo repertorio, raccontato in un napoletano più che comprensibile, con l’eccezione di qualche vocabolo che appartiene allo slang dell’entroterra ma che non ha bisogno di simultanei, per arrivare a destinazione. Racconta di politica e società, di usi e costumi, oltrepassando, forse in una circostanza di troppo, lo steccato della discrezione e cadendo, consapevolmente, nel tranello delle battute a sfondo sessuale, di quelle che non vanno più di moda nemmeno nelle caserme di stanza in Afghanistan.
Però è robusto, Giobbe Covatta, tiene banco per due ore e soprattutto, al di là della simpatia che emana e che il pubblico gli riconosce e ricambia con applausi calorosi, impone riflessioni che vanno ben al di là della singola e amena serata.
Insomma, perché i nostri nipoti possano ancora andare a teatro, nel 2114, sarà bene che i loro nonni, cioè noi, si inizi a fare qualcosa. Di utile, di importante.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 27 gennaio 2014 | 08:23 - © Quarrata/news]

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