venerdì 20 settembre 2013

GRATTACASO POETA


di LUIGI SCARDIGLI

“La vita dei bicchieri e delle stelle” presentata nel pomeriggio allo Spazio

PISTOIA. Uno pensa che a sentirne tessere le lodi con tanta riconoscenza, di Giuseppe Grattacaso versione poeta, siano due amici parecchio generosi. E invece, leggendole, le poesie, non solo quelle raccolte ne La vita dei bicchieri e delle stelle (Campanotto editore, 11 euro), presentate nel tardo pomeriggio nella sala più accogliente della città, la libreria Lo Spazio, a Pistoia, ti accorgi che quel che è stato detto a proposito non contempli del tutto e fino in fondo la musica e la teatralità dei suoi versi.

 Asciutti, diretti, simpatici e ludici, mai volgari, men che tendenziosi, seppur arditi; intimi, scorrevoli, delicati, ma fieri, spesso presuntuosi, ma arricchiti dall’eleganza di chi chiede permesso dopo essersi accomodato; dunque, originali, personali, che possono non piacere, ma piacciono, che non vogliono scoprire nulla, inventando assonanze e bisettrici galattiche, quelle che avvicinano le stelle, distanti anni luce dalla nostra vita, ai bicchieri, così umani e alla nostra portata, spesso da farsi rompere, dopo aver specchiato le nostre illusioni tra i riverberi di un buon rosso. E le nostre paure, in agguato, che in qualche modo cerchiamo di metabolizzare, inventandoci rime. E divinità.
La bellezza delle poesie di Giuseppe Grattacaso, esaltato dalle parole di conforto e credito offerte dai due insigni relatori, nonché colleghi, che l’hanno affiancato nella presentazione del suo ultimo volume in libreria, risiede soprattutto nell’effimera profondità dei suoi dubbi, che diventano piacevoli filastrocche da raccontare ai papà dei bambini, ché non capirebbero; un incalzare teatrale, probabilmente amenamente condizionato da tanta presidenza all’Atp, un ritmo parecchio musicale – e qui mi sfuggono gli agganci -, un piacevole tramonto esistenziale al quale, nonostante tutto, non si riuscirà a dare una risposta capace, prima che degna, di far sopire i tormenti, metterli a riposo, dimenticandoli.
Sono poesie senza titolo, suddivise in cinque capitoli (Bava di vento; La vita dei bicchieri e delle stelle; L’atomo la polvere le spore; L’anima e Quartine d’agosto) virtuali cadenzati da un riferimento puntualmente tradito dai versi, che globalizzano gesti quotidiani, micro angosce personali, risoluzioni domestiche con l’afflato di grandi progetti: versi ad elastico, che tendono a raggiungere picchi inarrivabili attraverso piccole scale quotidiane delle quali ci serviamo abitualmente nella nostra impari lotta diurna per la sopravvivenza.
La notte, però, porta consiglio, il consiglio di arrendersi. Scrivendolo.

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[Venerdì 20 settembre 2013 | 21:08 - © Quarrata/news]

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