sabato 23 febbraio 2013

L’IMPERO DEI SENSI DI COLPA


di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Le coppie scoppiano da sempre; da qualche tempo hanno solo preso consapevolezza, ma non occorre scadere nel trash e nell’inevitabile, prima che nell’ineludibile, per descrivere le implosioni che ognuno soffre cospetto di un’educazione morbosa sofferta e di impostazioni sociali alle quali si è dovuto per forza di cose ubbidire, altrimenti si sarebbe stati automaticamente estromessi dalla casta umana, quella che ci tiene in piedi e ci fa interagire, soprattutto, con i normodotati.
Sto parlando a Giuseppe Tesi, regista de L’impero dei sensi di colpa, in scena, ieri sera (stasera la replica, sempre alle ore 21), al Melo’s, grazie agli sforzi teatrali profusi da Priscilla Baldini, Henuj Bartolini e Alessandro Paiano, un triangolo sociale nel quale ci si possono seraficamente, seppur di nascosto, riconoscere in molti.

A cominciare da quella omosessualità latente che perseguita il nostro eterosessaulismo e che conteniamo a stento, seppur sorretti dai ricatti religiosi e dalle nostre famiglie, che ci legano e ci salvano da quella dissoluzione alla quale vorremmo abbandonarci, con il solo biglietto di andata.
Ma tutte queste sovrastrutture, che appesantiscono la nostra deambulazione, ma che garantiscono anche di legittimare la nostra creatività, si possono tranquillamente denunciare con voce sommessa e con un frasario e un vocabolario che induca lo spettatore ad uno sforzo d’immaginazione, senza cioè spiattellargli sul viso, sulle orecchie e su bocche stolte sulle quali sono abbondate le risate, decisamente fuori luogo, il nome dei vari attributi.
Non è insomma con un cazzo o con un pesciolino che scivola nella bocca che si issa la bandiera dell’indipendenza, della libertà, dell’emancipazione: occorre, credo, un maggior coraggio quotidiano che si può e si deve rappresentare con soggetti molto più facilmente reperibili nella vita che viviamo tutti i giorni e nella quale ci càpita di rado, ma molto di rado, di incontrare cubisti ex pornografi.
E soprattutto occorre liberarsi, una volta per tutte, dal macigno ossessivo e oppressivo della religione, che è il vero ostacolo alla creatività di ognuno di noi, anche per quelli che non hanno l’ardire e la fortuna e la competenza di poter far salire su un palco di un teatro una loro compagnia.
Però, caro Giuseppe, continua a fare teatro: hai degli spunti interessanti e una visione romantica e teatrale, seppur repressa, della vita, un’angolazione artistica che serve a noi spettatori come a te, protagonista.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 23 febbraio 2013 | 16:15 - © Quarrata/news]

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