venerdì 22 febbraio 2013

C’EST BEAU ALGER, IL NOSTRO SILENZIO

di LUIGI SCARDIGLI

L’opera di Philippe Faure diretta da Dora Donarelli con Elisabetta Iozzelli, Mimma Melani e Ilaria De Jesus

BOTTEGONE. L’idea è buona, politicamente correttissima, inoltre, quella di trasportare liberamente in scena C’est beau Alger di Philippe Faure e trasformarlo, grazie alle mani di Dora Donarelli, in Il nostro silenzio, con Elisabetta Iozzelli, Mimma Melani e la sinuosa danzatrice Ilaria De Jesus, in scena, ieri sera, al teatro di Bottegone.
È buona soprattutto perché in un periodo di dolore e rabbia, sconforto e desiderio di vendetta, il messaggio, costante, che la maestra algerina (Elisabetta Iozzelli) lancia tanto alla sua intervistatrice francese (Mimma Melani), che al mondo intero, è quello della speranza, illuminata, sistematicamente, dal sole algerino e dai suoi muri bianchi, offesi, sì, dal sangue dei morti e delle donne violentate, ma non ancora oscurati dalla voglia di farli splendere che, prima o poi, prenderà il sopravvento: dovrà succedere.

La coreografia luminosa e un po’ spaziale che apre il sipario sul palco alla rovescia, è un ottimo prologo, che si allontana dal seminato giusto il tempo di consentire alla bella e brava, ma superflua, Ilaria De Jesus, di farci vedere quanto sia brava con la danza del ventre. Poi, inizia l’intervista, tra un’algerina impaurita, ma non paurosa, piccola, minuta, ma muscolosa, anonima e insignificante, ma comunque oggetto di desiderio e violenza e desiderosa di diventare il prima possibile madre e una giornalista che tutto sembra, fuorché una giornalista.
Mi compiaccio con Elisabetta Iozzelli, che ho visto ieri sera per la prima volta all’opera e mi dispiace per Mimma Melani, che ho già avuto modo di ammirare in altre occasioni; mi congratulo con Elisabetta Iozzelli, abile, anche se facilitata da una corporatura algerina, a cogliere il senso della voglia di riscatto pacifista del suo popolo e soprattutto delle sue donne derise, usate e violentate, ma non abbastanza da poterle far tacere. Anzi, è proprio l’altra faccia della medaglia della guerra e delle sue nefandezze che alimenta in Malika il desiderio di condurre il suo popolo oltre la siepe e di poter avere il coraggio di aprire finalmente quella porta, quando qualcuno si avvicina a bussare.
Non mi ha convinto affatto Mimma Melani, invece, attentissima a ricordare ed inanellare i tempi tecnici delle domande e delle riflessioni, ma senza dare mai l’impressione di poterla prendere seriamente in considerazione in qualità di reporter: il registratore che poggia sul tavolino non lo si rivede che alla fine dell’intervista; il block notes e la penna con la quale immaginavo avrebbe immortalato espressioni e situazioni, restano inoperosi, ma soprattutto non riesce mai ad essere giornalisticamente attendibile; questa intervista clandestina, pattuita chissà attraverso quali escamotages diplomatici, ha sempre il sapore di una confessione, di un incontro tra due anime diverse, mai di uno scoop, mai di una notizia.
È troppo materna, troppo psicologa, la giornalista, fino al punto di far dimenticare allo spettatore il motivo, quei preziosissimi 90 minuti, per i quali si trova ad Algeri. Ha più l’aria di una portavoce dell’Unicef, Mimma Melani, di una rappresentante di una forza di pace, che di una reporter indipendente che dovrebbe esordire con l’adrenalina di chi ha la convinzione di essere in procinto di comporre il pezzo che la catapulterà tra i cronisti di guerra e non tra i confessori di pace.
Sono convintissimo che invertendo i ruoli, il prodotto, che resta di ottima fattura, cambierebbe del tutto quanto a risultati emotivi, con Mimma che saprebbe sicuramente diventare un’algerina umiliata, ma non uccisa nella propria dignità e Elisabetta una reporter sadica, attratta solo ed unicamente dal desiderio di riportare a casa la notizia del secolo e che solo al termine dell’intervista avvertirebbe il disagio di non aver saputo cogliere, per tempo, l’umanità della sua interlocutrice, perché distratta dal morbo della propria professione.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Venerdì 22 febbraio 2013 | 08:30 - © Quarrata/news]

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