domenica 23 settembre 2012

INCENERITORE DI MONTALE. IL COMITATO CONTRO VERTICI USL 3

di Alessandro Romiti

In tutto l’iter burocratico sembra che non ci sia cosa che torna – Nessuno ha mai avvertito la popolazione di non consumare cibi e verdure prodotte nell’àmbito della ricaduta delle emissioni – La disattesa perizia richiesta dal Procuratore dottor Raganella

PISTOIA-PIANA. Una delegazione di cittadini del Comitato per la chiusura dell’inceneritore di Montale, guidata da Giacomo De Lucia, ha incontrato i vertici di Asl 3, nelle persone dirigenziali di vari dipartimenti: prevenzione, epidemiologia e ufficio legale.
Argomento dell’incontro è stata l’emergenza sanitaria consolidata nel territorio della Piana e le indagini epidemiologiche avviate, ma sùbito stoppate per questioni burocratiche inossidabili e ineccepibili: tali indagini epidemiologiche sono da sempre promesse, da tutti richieste ma, nessuno, sa dire quando saranno concluse.

Ciò non è successo a Taranto dove, per la drammatica emergenza Ilva, in pochi mesi sono stati pubblicati inquietanti e drammatici dati epidemiologici dell’Ispo (Istituto Superiore Prevenzione Oncologica) purtroppo dimostrativi della diretta responsabilità dell’inquinamento (vedi 1 vedi 2) sulla salute di cittadini, indistinti per età, appartenenza politica e stato sociale.
La delegazione ha espresso il proprio compiacimento nell’aver ottenuto considerazione e attenzione che, come ricordato dal responsabile dell’ufficio legale dott. Fini, è un atto sempre dovuto essendo che i cittadini sono – seppur indirettamente – i “datori” di lavoro: tale condizione è purtroppo sistematicamente negata dalle amministrazioni proprietarie del Cis, come dimostrato dal mancato accoglimento della partecipazione dello stesso Comitato alla sessione straordinaria convocata urgentemente dal sindaco Scatragli il 27 febbraio scorso e ciò nonostante la richiesta notificata (vedi allegato 1). Evviva la partecipazione!
Ciò riguardava la “mai risolta” vicenda di modificazione sostanziale all’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) denunciata dallo stesso comitato e sfociata in una surrettizia e faziosa dichiarazione congiunta di Asl e Arpat, di alto contenuto politico, vuota di ogni soddisfazione di carattere argomentativo (vedi). Non meno severa la sindaca Ciampolini, altra paladina della “democrazia partecipata” che recentemente ha inoltrato alla Provincia le osservazioni al “piano dei rifiuti” che – senza dubbio alcuno – andrà a ipotecare la sua carriera politica nel Pd.
Il tavolo era composto dai dirigenti di Usl 3, Pietro Gabbrielli (veterinario), Roberto Biagini, Wanda Wanderlingh (medici), Simone Fini (avvocato) e Maurizio Rapanà (epidemiologo). Il Comitato – rappresentato da Giacomo De Lucia, Settimio Sorbi, Angela Canelli, Maria Crabu e chi scrive – ha esordito richiamando l’attenzione sulla paradossale vicenda esplosa a Taranto, sfociata in questi giorni in una indegna e clamorosa polemica con strascichi di querele tra gli ambientalisti e il Ministro, e così proponendo una drammatica riflessione/considerazione: in quale paese si vive, se i cittadini devono attendere l’intervento della Magistratura per la tutela della Salute? (vedi 1vedi 2).
Il Comitato ha predisposto un dossier con documenti che sono stati oggetto di contestazione per il metodo adottato dalle autorità sanitarie tutte sulle verifiche dei parametri ambientali sottesi alla vicenda dell’inquinamento della piana e, tra i vari punti, non poteva mancare la vicenda dell’inquinamento accertato sul pollame da cortile e sulla ricaduta nella catena alimentare.
Ma il documento davvero dirimente è stata la nota con le osservazioni della Ciampolini sul Piano Interprovinciale Rifiuti, osservazioni che dimostrano la clamorosa sottovalutazione delle minacce portate dall’impianto: il sindaco non parla mai in modo categorico della sofferenza dei suoi concittadini per le polveri fini che incombono nella intera piana e si propone solo di lamentare l’indisponibilità di “... tutti gli studi relativi all’indagine ambientale e sanitaria ... dal 2008 ad oggi” (vedi allegato 2 ). Edotti della effettiva pressione sussistente sull’argomento, i vertici Asl hanno assicurato il loro massimo impegno alla prosecuzione più sollecita dell’indagine.
La notizia che ha davvero creato un certo imbarazzo tra i dirigenti Asl, è stata la presentazione di un autorevole documento, redatto per disposizione della Procura della Repubblica di Pistoia dall’epidemiologa Elisabetta Chellini (vedi) nel quale (vedi allegato 3), la studiosa precisa delle necessità e degli obblighi nient’affatto discrezionali, che sono rispettati ovunque da parte delle autorità sanitarie dei territori dove sono dislocati impianti di incenerimento, meno che a Montale.
Alla pagina 42 della perizia redatta, la studiosa specifica che: “...l’esposizione a diossine avviene solitamente per ingestione di prodotti alimentari contaminati ma eventuali emissioni di diossine dagli impianti di incenerimento rifiuti è improbabile che possano entrare nel ciclo alimentare della popolazione residente nelle vicinanze di tali impianti, solitamente allertate a non consumare cibo prodotto in loco.
Orbene, l’espressione “solitamente allertate” è dimostrativa di una consuetudine, specificata da un’esperta e inserita in un documento solenne, perché “giudiziario” per il quale le autorità sanitarie, cioè i sindaci della Piana, avrebbero dovuto ottemperare alla diffida dei cittadini tutti, dal “consumare cibo prodotto in loco”. Il periodo, è cifrato nero su bianco: non ammette equivoci o interpretazioni.
Forse a qualcuno risulta che i pensionati che curano le loro galline o il loro orticelli nei comuni di Agliana, Quarrata, Montale, Prato Montemurlo e Pistoia, sono stati diffidati dal “non consumare cibo prodotto in loco”? La domanda è forse retorica, ma deve essere posta così all’analisi diretta e impietosa per la pretesa necessità di chiarezza e comprensione.
E dunque “chi” doveva/dovrebbe fare “cosa”?
I cittadini, sono stati tenuti scientemente o distrattamente all’oscuro della minaccia data dall’incenerimento di rifiuti: perché?
Dalla lettura del documento sembra emergere una carenza di informazione per il potenziale (oggi però dimostrato dagli stessi atti di Asl 3, pubblicato il 2-3 dicembre scorsi) inquinamento territoriale causato dall’inceneritore e pervicacemente negato da tutti i sindaci, Montemurlo incluso. A quali competenze devono rivolgersi i cittadini indifesi?
Potrà l’Ispo intervenire prima che gli effetti dell’inquinamento siano causa di un aggravamento della mortalità per malattie tumorali? Dobbiamo rivolgersi e confidare al Ministero dell’Ambiente o della Salute – vedi vicenda dell’Ilva – con delle posizioni dialettiche quantomeno incomprensibili e per certi versi paradossali?
Il Comitato, si riserva di richiedere un altro incontro, auspicando un chiarimento sull’increscioso quanto rilevante punto oggetto della pesante, quanto sostanziale contestazione, e confida in una necessaria sollecitazione per la chiusura delle indagini epidemiologiche sulla popolazione.
La riunione è stata registrata. Il file audio è scaricabile dal seguente link www.romitilegno.it/doc.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 23 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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