venerdì 15 giugno 2012

SERRAVALLE. LE ‘GITE CULTURALI’, GLI INTERESSI DEI CITTADINI, LE STECCHE E UNA FOGLIA DI FICO


SERRAVALLE. Spulciando le cronache e soffermandoci sulle dichiarazioni della maggioranza al Consiglio del 13, non possono non saltare agli occhi alcuni particolari – come dire? – stonati.
La prima stecca l’ha fatta il Sindaco Mungai proponendo il famoso Codice etico. Con questa sua provvida idea, infatti, altro non ha fatto che confermare la sua pragmaticamente comunistica visione del mondo: un po’ arretrata, per la verità, visto il conclamato riformismo del suo partito.

In 45 anni di giornale e di cronaca, abbiamo visto fare questo sempre e comunque dalle sinistre che, per mettere i paletti al comportamento umano, hanno continuamente legiferato e regolamentato su tutto: i risultati più evidenti sono stati, poi, i decreti Bassanini (figli di un comunista, seppur riformato); ma i conti e le fatture li stiamo pagando in questa Seconda Repubblica: e laddove sono dei monocrati (e tali sono i dirigenti) a decidere al posto dei veri controllori dell’interesse collettivo (i politici), non possono che esserci storture, perché si crea da sùbito l’abitudine a dire “ma i responsabili sono loro” e non gli eletti dal popolo.
Da qui nascono i comportamenti degli intoccabili di Pistoia e d’Italia, che inventano meccanismi di affidamento di lavori che eludono macroscopicamente il controllo della legge. Per giunta, tutto questo esercito di “superpagati nulla(o-quasi)facenti”, ci costano l’ira di dio, un occhio della testa o, se preferite, tutto il debito pubblico che dobbiamo ingozzare con gli aumenti di tasse che il Signor Banca (leggi Monti) ci ha imposto e sta per imporci ulteriormente.
La stecca successiva la ha fatta il consigliere Fedi, che si è trasformato da singolo individuo in gente, e si è pluralizzato come un dio finendo con l’esclamare, a mo’ di Vangelo, che «le gite non interessano alla gente». Non conosciamo Fedi, ma la prima cosa che ci viene in mente, è chiedergli perché il suo Comune e la sua Maggioranza non fanno un bel referendum sul tema-gite per accertare se quello che lui dice è vero o è soltanto un suo amabile modo per difendere Mungai.
Che Serravalle abbia problemi più gravi delle gite, non c’è il minimo dubbio: infatti le gite non sono nulla rispetto alla baraonda confusionaria di Masotti o, peggio, alla stessa discarica del Cassero, le cui vicende – non si stupisca Fedi – ci sono ben note per essercene interessati in cronaca nel momento stesso in cui la discarica veniva decisa e imposta ai casalini.
Dispiace però sentir dire che è l’ora di discutere di cose reali e di fatti importanti: perché? Pur ammettendo che sia stato tutto un puro divertimento, dieci anni di gite sono forse una caramellina alla menta?
Occorrerebbe chiedere, forse, a Fedi, cosa farebbe o direbbe o penserebbe lui se, nella classe in cui studia sua figlia o suo figlio, un paio di insegnanti invitassero in gita non tutti i ragazzi, ma solo alcuni di loro (figlio o figlia di Fedi esclusi, s’intende), e li scarrozzassero “a gratis” – come amavano dire le sinistre Pci di Cuore – trastullandoli in patria e/o all’estero. Sarebbero, secondo il suo punto di vista, solo innocenti evasioni, per usare un tiolo di Lucio Battisti? O ci sarebbe materia, secondo lui, di vera e – lasciatecelo dire – propria e doverosa incazzatura?
L’ultima stecca ce la canta Spinelli: «non accettiamo il moralismo a senso unico».
Bella frase. Quasi precotta come Quattro salti in padella Findus, e della quale – scusateci se siamo asini e duri di comprendonio – non capiamo assolutamente il significato.
Una lancia, però, la vogliamo spezzare. E non vi aspettereste mai in favore di chi.
Stupite. La spezziamo proprio a favore di Patrizio Mungai che, nell’ammettere con candore la sua – tra virgolette – colpa di avere partecipato alla gita “gitana”, ha aggiunto (ancor più candidamente, crediamo) un particolare illuminante: «Il sindaco Renzo Mochi mi chiese di accompagnarlo proprio perché riteneva che andare solo poteva dare adito a quelle insinuazioni che oggi Manigrasso sta diffondendo» (vedi).
Mungai non si rende conto, nella sua più assoluta semplicità, che proprio questa sua dichiarazione dà il senso e la misura dell’idea di peccato e di colpa che incrimina quella partecipazione madrilena attraverso il pensiero di Mochi, finora il più silenzioso di tutti, anzi, il muto.
Il Sindaco non capisce che, se le cose stanno davvero così come lui dice, il suo nume tutelare, il suo protettore Mochi aveva la chiara percezione che qualcosa non doveva andare perfettamente in quei o in quel viaggio, e, con il tirarselo dietro, si stava, quindi, costruendo un proprio alibi morale.
Mochi, l’ex-Sindaco, rappresenta, in questa scena da romanzo collodiano, il Lucignolo (anche se poco somigliante), mentre Mungai recita la sua particina da Pinocchio ingannato e trascinato nel paese dei balocchi.
In termini più solennemente biblici viene in mente la scena in cui Dio passeggia per il paradiso terrestre e chiama Adamo. E Adamo non si trova: e alla fine viene fuori da dietro un cespuglio. E quando spunta ha una foglia di fico sulle vergone, perché ormi ha il senso della colpa.
Ecco: questo citare Mochi è, a nostro avviso, la foglia di fico di Mungai.
Una foglia stretta, però. Che anziché coprire, mette ancor più a nudo il neo-Sindaco della gita a Madrid.
e.b. blogger

P.S. – La politica non si fa sui media, no: il centrosinistra ha ragione.
Ma i media parlano di politica – anche se al centrosinistra non piace. Eccome se ne parlano! Ed è un loro diritto e dovere.
Chi non è preparato su questo, si ripassi bene la lezione…

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[Venerdì 15 giugno 2012 - © Quarrata/news 2012]

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