mercoledì 16 maggio 2012

RIFIUTI. IL PIANO INTERPROVINCIALE VA NELLA DIREZIONE DELL’INCENERIMENTO


di Lorenzo Cristofani

La Presidente Fratoni deve affrontare il confronto democratico con i cittadini che la hanno eletta

PISTOIA. Nei giorni scorsi si sottolineava come il riciclaggio sia un processo industriale, un perno dell’economia reale cui un paese come l’Italia non può certo rinunciare, per mantenere un adeguato livello di benessere e sviluppo. Pertanto è lecito pretendere chiarezza sulle modalità che gli enti pubblici adottano per favorire questo settore.
Si riportano di seguito le osservazioni prevalenti, presentate nei giorni scorsi alla Provincia di Pistoia da cittadini, enti locali, associazioni di consumatori, imprese e sindacati – sì, l’industria del riciclo crea occupazione e ricchezza! – relative al piano interprovinciale dei rifiuti, che va in direzione contraria a quella di investire sul riciclo.

Adesso Federica Fratoni, presidente della provincia di Pistoia, la provincia creata dal duce come atto di giustizia sociale per premiare l’eroismo – così si mormora – dei pistoiesi durante l’occupazione austriaca, potrà rispondere, anche attraverso i suoi assessori o i funzionari dell’ente, in maniera seria e articolata a queste osservazioni. Anche perché la situazione è siffatta: la provincia elabora un piano incentrato tutto sull’incenerimento e contemporaneamente si trova ad essere l’ente che rilascia l’autorizzazione a chi gestirà l’impianto; è opportuno allora allontanare da subito i sospetti di quanti pensano male (conflitto di interessi) e sono malfidi per non rischiare che s’avveri il detto proverbiale.
In particolare è fondamentale sapere chi esaminerà le osservazioni, nomi e cognomi, e se si ritiene opportuna e come, per una discussione più trasparente, una commissione tecnica, terza, magari, con rappresentanti delle industrie del riciclo o di aziende Toscane come Revet o Ecolat che hanno già esperienza consolidata nelle filiera del riciclo.
Confidiamo dunque che il presidente della provincia Fratoni, che è democratica e ha quindi le primarie e la partecipazione nel dna, colga con estrema soddisfazione questa opportunità di confronto democratico con i cittadini che democraticamente la hanno eletta.

OSSERVAZIONI AL PIANO INTERPROVINCIALE RIFIUTI DELL’ATO TOSCANA CENTRO

Delibera C.P. n. 15 del 13.2.2012: “Adozione del Piano Interprovinciale di Gestione dei Rifiuti di ATO Toscana Centro (Province di Firenze, Prato e Pistoia), relativo ai Rifiuti Urbani, ai Rifiuti Speciali anche Pericolosi, ai Rifiuti Urbani Biodegradabili (RUB), ai Rifiuti di Imballaggio e ai Rifiuti Contenenti PCB; del “Rapporto Ambientale”, della “Sintesi non Tecnica” e della “Relazione del Garante della Comunicazione”, ai Sensi dell’art. 12 della L.R. n. 25/1998 e s.m.i. e della L.R. n. 10/2010.”

OSSERVAZIONE N. 1
La quantità dei RSU prevista per il 2015 (Tabella 4.11 pagina 55)

1.1 - Previsione della produzione dei RSU dell’ATO per l’anno 2015.
La quantità dei RSU prevista per il 2015 è notevolmente gonfiata e non solo perché viene prevista una ripresa economica che quasi nessuno, dotato di un minimo senso di realismo, vede realizzabile nei prossimi anni, ma anche perché – se è sincera la volontà di generalizzare progressivamente la raccolta differenziata domiciliare e di realizzare almeno il 65% entro il 2015 – le % di riduzione della quantità dei RSU che sono state applicate nel cosiddetto “scenario ottimizzato” sono ridicole e non tengono minimamente in considerazione che in tutte le realtà, anche di area vasta (come il Consorzio Priula di Treviso ed altre) dove è stata attuata la raccolta domiciliare (togliendo i cassonetti dalle strade) questa scelta provoca una drastica eliminazione dai RSU dei rifiuti assimilati provenienti dalle attività produttive (dove c’è la raccolta domiciliare gli RSU scendono a 400 kg annui per abitante, massimo 471 Kg).

La legislazione nazionale va nella direzione di limitare sempre di più la possibilità di assimilare i rifiuti. In sostanza, è chiarissima la tendenza a livello di legislazione nazionale, mirata a:

• restringere i criteri di assimilazione ai rifiuti urbani.
• evitare il conferimento anonimo e incontrollato di rifiuti non assimilabili nei cassonetti destinati ai rifiuti urbani.

Una recente indagine nazionale svolta da Federambiente ha indicato che la produzione pro-capite media è di 471 kg ove è presente la raccolta domiciliare, mentre dove la raccolta è a cassonetti la produzione media è di 615 kg/a per abitante.
Si tenga presente che l’obiettivo di ridurre la produzione sul livello di 400 kg/a è tutt’altro che irrealistico. Oltre all’indagine della Regione Lombardia, lo dimostra il caso del Veneto, in cui l’Arpav ha dimostrato una precisa correlazione tra metodi di raccolta e livello di produzione pro-capite: ove viene impiegata la raccolta ‘secco-umido domiciliare’ i valori di produzione sono dell’ordine di 400-420 kg/a per abitante, contro i 650-750 delle aree in cui si continuano ad usare cassonetti stradali. Riportiamo proprio una sintesi della relazione Arpav a titolo di esempio.
Fonte: I rifiuti in Veneto: alcune cifre, ARPAV, 2009, atti del convegno “Produrre meno rifiuti: esperienze a confronto”, 25/11/2010, Treviso
In quasi tutte le province venete si producono meno di 500 kg/a e le province con il massimo tasso di RD (ottenuto con un largo ricorso alla RD di tipo domiciliare) sono anche quelle in cui si ha una minore produzione pro-capite di rifiuti.
Anche in Lombardia 6 province su 11 hanno una produzione pro-capite inferiore a 500 kg/a.

Di conseguenza, se entro il 2015 la raccolta differenziata domiciliare sarà operante per 1 milione di abitanti su un totale di 1 milione e mezzo, la quantità dei RSU nel 2015 (in base ad una previsione realistica) sarà:
1 milione di abitanti X 500 Kg annui pro-capite = 500.000 tonnellate annue +
500.000 abitanti X 700 Kg annui pro-capite = 350.000 tonnellate annue
TOTALE RSU nel 2015 850.000 tonnellate annue.

1.2 - Servizio di gestione dei rifiuti per le attività produttive (de assimilazione degli RSAU)
Ovviamente, è opportuno che l’Ato organizzi anche l’offerta di un servizio ad hoc per la raccolta dei rifiuti generati dalle attività produttive, con queste caratteristiche:

• offerto dallo stesso gestore unico dei servizi di gestione dei RSU, con tariffe oneste e trasparenti e garanzia di corretto smaltimento;
• l’adesione al servizio da parte delle imprese è su base volontaria;
• tariffe direttamente proporzionali alle quantità conferite;
• tariffe diversificate per tipo di materiale;
• eventuale fornitura diretta di attrezzature (compattatori scarrabili, bidoni, ecc.)

L’offerta di un servizio di questo genere è importante per non lasciare le imprese ‘abbandonate a se stesse dopo l’introduzione della gestione separata di RSU e speciali e della tariffa puntuale.


OSSERVAZIONE N. 2 (capitolo 11, da pag. 158)
Previsione impiantistica destinata all’incenerimento

La previsione impiantistica destinata all’incenerimento (scenario a pagina 169: 279.984 tonnellate annue nel 2015) è eccessiva, perché è calcolata su una quantità di RSU nel 2015 di 1.005.000 tonnellate annue, mentre al massimo saranno 850.000 T/a come da noi dimostrato nella osservazione n. 1) e applicando il 65% di R.D. rimangono 300.000 tonnellate annue di rifiuti indifferenziati da smaltire in vari impianti (discariche, inceneritori, tmb, ecc.), che diventeranno 250.000 tonnellate annue nel 2017, quando la RD avrà raggiunto il 70% (che si ridurrebbero a circa 165mila T/a dopo un pre-trattamento meccanico che ne selezionasse il 40%).
Risulta evidente il sovradimensionamento impiantistico: la capacità complessiva degli impianti di incenerimento previsti dai piani è praticamente doppia rispetto al fabbisogno di smaltimento risultante anche dalle ipotesi più prudenziali di applicazione di buoni sistemi di gestione.

OSSERVAZIONE N° 3

I costi previsti per gli investimenti destinati al potenziamento dell’impiantistica destinata all’incenerimento (Oneri finanziari e tempistica, pagine 173 e 174) sono sottodimensionati (è facile prevedere che la spesa per i tre impianti di incenerimento supererà i 250 milioni di euro e la tempistica, guarda caso, è prevista in tempi brevi quasi esclusivamente per questi impianti).

Il quintuplicamento dell’incenerimento non è necessario (se è sincera la volontà di realizzare il 65% di RD, è stata gonfiata di circa 200.000 tonnellate annue la previsione degli RSU nel 2015 ed a pagina 192 del P.I.R., ultimo capoverso, c’è persino una mezza ammissione), ma è evidente che se realizzato senza dare la priorità agli investimenti che sono indispensabili per generalizzare progressivamente la raccolta differenziata domiciliare e per l’impiantistica conseguente (piattaforme logistiche e impianti industriali per il riciclaggio delle materie seconde) avrà quattro conseguenze molto negative:

1. l’impiantistica destinata all’incenerimento è quella più costosa e – di conseguenza – ottenere oltre 200 milioni di euro dal sistema creditizio significa dargli garanzie di rientro – del capitale e degli interessi – tramite un notevole aumento delle tariffe alle utenze domiciliari.
2. Non sarà realizzato il 65% di raccolta differenziata nel 2015 e di conseguenza aumenterà la quantità di rifiuti indifferenziati da smaltire tramite incenerimento e discariche: se nel 2015 la raccolta differenziata sarà il 55% invece del 65%, ci saranno 100.000 tonnellate annue in più di rifiuti da smaltire (70.000 T/annue di rifiuti indifferenziati in più e 30.000 tonnellate annue in più di ceneri, cioè di rifiuti speciali pericolosi, derivanti dall’incenerimento di 280.000 T/a a confronto con un incenerimento di 140.000 tonnellate annue).
3. Quintuplicare l’incenerimento nell’area metropolitana da Firenze a Pistoia avrà come conseguenza sicura il quintuplicamento della quantità di PM2,5 e inferiori derivanti da questa fonte e, in un’area dove l’aria è pessima, non possiamo permettercelo per nessuna delle attuali cause che determinano un notevole inquinamento (anche l’OMS riconosce che le PM 2,5 e inferiori sono più pericolose, delle PM10 per la salute delle persone).
4. Un sistema basato su un vasto ricorso all’incenerimento non potrà fare a meno di discariche per rifiuti pericolosi in cui collocare scorie e ceneri (24,5% in peso dei rifiuti in ingresso), più costose e difficilmente realizzabili rispetto alle ordinarie discariche per rifiuti non pericolosi. Il recente D. Lgs. 205/10 nel definire l’elenco armonizzato di rifiuti ha introdotto il criterio di attribuzione della voce H14 (Ecotossico) sulla base dei risultati analitici. Per effetto di questa novità, non solo le ceneri (in cui è concentrata grande parte delle diossine prodotte dall’incenerimento dei rifiuti) ma anche le scorie di risulta di molti impianti italiani di incenerimento verranno classificate 190111 *, cioè rifiuti pericolosi. Nell’ATO Centro, i nuovi impianti di incenerimento produrrebbero oltre 85mila t/a di scorie e ceneri. La tariffa di conferimento delle scorie deve essere verificata in base alla riclassificazione operata dal decreto del 2010 (che rischia di far diventare rifiuto pericoloso non solo le ceneri ma anche le scorie da trattamento termico). In questo caso, 60 mila t/a di scorie dovrebbero essere conferite fuori ATO, con un costo prevedibile di oltre 20 milioni di euro.

Nella ripartizione delle risorse finanziarie ottenibili dal sistema creditizio, se è sincera la volontà di realizzare il 65% di R.D. nel 2015, la priorità (in modo che risulti chiaro anche nella gara d’appalto per affidare il servizio) va data agli investimenti x generalizzare il sistema di raccolta domiciliare e per realizzare le piattaforme logistiche conseguenti e gli impianti industriali indispensabili al riciclaggio effettivo delle materie seconde.

OSSERVAZIONE N° 4

Il potenziamento dei piccoli inceneritori esistenti (previsto a pagina 174 del P.I.R.) è inaccettabile non solo perché le aree circostanti (come dimostrato dalle indagini di Arpat e Asl: vedi convegno a Pistoia svoltosi il 2 e 3 dicembre 2011) subiscono le conseguenze inquinanti di quegli inceneritori da oltre 30 anni (e se potenziati investendoci diverse decine di milioni di euro, avrebbe come conseguenza la continuazione dell’inquinamento in quelle aree per altri 30 anni), ma è anche "antieconomico": i filtri più moderni ed i sistemi di controllo più moderni hanno un costo notevole e non possono essere ammortizzati da piccoli inceneritori che, di conseguenza (dopo averci investito altre decine di milioni di euro) sarebbero comunque destinati a chiudere i bilanci annuali in perdita (le attuali potenzialità dei piccoli inceneritori, possono essere messe assai più di oggi a servizio di tutto l’Ato: per esempio: oggi la potenzialità dell’inceneritore di Montale è di 150 T/giorno, di cui 80 T/g vengono dai comuni di Montale, Agliana, Quarrata e 70 T/g sono a disposizione dell’Ato; se Agliana Montale e Quarrata realizzano rapidamente la RD PaP, solo 20 T/g andranno nell’inceneritore di Montale e quindi ben 130 T/g saranno a disposizione dell’Ato.

OSSERVAZIONE N. 5 (capitolo 8, pagina 102)
Modalità di raccolta del rifiuto differenziato

Quanto previsto a pagina 102 del P.I.R., di attivare “su buona parte del territorio, raccolte differenziate domiciliari per la frazione organica, la carta e il verde, accompagnati da servizi a contenitori stradali per altre frazioni...” è completamente e avrà come conseguenza la continuazione del conferimento di rifiuti assimilati e in forma anonima.
Come già nel 1999 affermava l’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) nel suo manuale operativo “La Raccolta Differenziata – aspetti progettuali e gestionali”:
Il cassonetto, soprattutto se di grandi dimensioni, rappresenta un “invito” alla consegna anche di flussi impropriamente recapitati al circuito di raccolta dei RU. Solo eliminando i cassonetti stradali, in cui chiunque può gettare qualsiasi cosa in maniera completamente anonima, si ottiene un reale controllo dei conferimenti, si prevengono efficacemente abusi e si creano le condizioni per introdurre con successo:
• sistemi di RD domiciliare, caratterizzati da una migliore efficacia e con minore tenore di scarti nei
materiali recuperati;
• sistemi di tariffazione puntuale, con cui fare pagare di più chi produce più rifiuti.

La RD domiciliare ha due fondamentali vantaggi: la minore produzione di rifiuti e la migliore qualità dei materiali riciclabili. Questi due importanti risultati derivano da un conferimento dei rifiuti di tipo non anonimo. Ciò consente di ridurre il conferimento abusivo di rifiuti anche pericolosi assieme agli urbani. Inoltre, permette una precisa identificazione delle utenze ed un controllo diretto sulla qualità dei conferimenti da parte degli operatori.
Nelle migliori esperienze (comprese quelle di recente applicazione anche da Publiambiente Spa, nell’area empolese ed in alcuni comuni dell’area pistoiese), in caso di conferimento non conforme gli operatori di raccolta prendono nota (ad es. mediante lettura del codice a barre) del codice identificativo dell’utenza, che il giorno seguente riceve una telefonata da parte del gestore.

Alcune delle migliori esperienze italiane di RD, questa riforma dei metodi di raccolta dovrebbe ispirarsi a un modello di buona gestione basato su 9 punti:
1. Gestione separata dei flussi di rifiuti urbani e speciali;
2. Eliminazione della possibilità di conferire rifiuti in forma anonima;
3. RD di tipo domiciliare;
4. RD ‘spinta’ della frazione organica;
5. Riforma del sistema di gestione ordinaria dei rifiuti;
6. Introduzione simultanea della tariffazione puntuale su un’area vasta;
7. Offerta di uno specifico servizio di gestione dei rifiuti per le attività produttive, basato su tariffe trasparenti e meccanismi incentivanti;
8. Compostaggio domestico;
9. Massima detossificazione dei rifiuti residui

Solo applicando contemporaneamente tutti i 9 punti che compongono il sistema moderno di gestione dei rifiuti si può avere garanzia di successo e ottenere una rilevante riduzione della produzione dei rifiuti (dell’ordine non di qualche punto, ma di decine di punti percentuali), associata a un forte risparmio economico e a una riduzione degli impatti ambientali.

La RD dei rifiuti organici è uno degli elementi fondamentali di successo di un sistema di gestione. Effettuare una RD ‘spinta’ di questa frazione consente di ottimizzare molti aspetti della gestione: riduzione dei costi specifici, ottimizzazione operativa nella gestione dei rifiuti indifferenziati, smaltimento finale in discarica.
Nei sistemi avanzati di gestione, la RD dei rifiuti organici viene sempre spinta al massimo, con l’obiettivo di intercettare almeno il 90% della frazione. Si devono affidare gli appositi contenitori per la RD a tutte le famiglie, le mense, i mercati ortofrutticoli e a qualsiasi tipo di attività produttiva che produca tipicamente molti rifiuti organici. Si impiegano circuiti di raccolta distinti per rifiuti organici (ad es. avanzi di cucina) e rifiuti verdi (sfalci e potature). Questi ultimi vengono raccolti con metodi diversi e su base stagionale.
Per la raccolta dei rifiuti organici si usano appositi automezzi a vasca, più piccoli e non compattanti.
In questo modo si riescono a ridurre i costi specifici di gestione, che sono dell’ordine di 60-80 €/ton.
Il prelievo non automatizzato dei bidoncini/mastelli consente un controllo dei conferimenti da parte degli operatori, condizione molto utile ai fini di una migliore efficacia della tariffazione puntuale.
Quando si riesce a differenziare alla fonte quasi tutta la frazione organica, ciò che resta è un rifiuto
molto meno putrescibile di prima. Se si riesce a intercettare con la RD il 90-95% della sostanza organica presente nei rifiuti, si può quindi ridurre la frequenza di prelievo dei rifiuti indifferenziati, che ad esempio nelle esperienze modello vengono ritirati una volta alla settimana.
Se si considera che il costo di un giro di raccolta del rifiuto indifferenziato equivale al costo di due giri di RD dei rifiuti organici, ci si può rendere conto della quantità di risorse economiche che vengono liberate riducendo la frequenza di raccolta del rifiuto indifferenziato.

La tariffazione puntuale è la migliore formulazione della Tariffa di Igiene Ambientale e consiste in un sistema in cui le utenze dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti pagano un importo direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti indifferenziati prodotti e in cui la quota variabile
costituisce la parte predominante dell’importo complessivo della TIA.
E’ la migliore implementazione del principio “chi inquina paga” e può essere applicata con molti sistemi differenti. Ad esempio si può operare una quantificazione esatta del peso di rifiuti o semplicemente registrare il numero di svuotamenti mediante transponder o lettura dei codici a barre
posti sui bidoni, e legando l’importo delle tariffe anche alla dimensione dei bidoni, richiesti dal cliente/cittadino in base alle proprie esigenze.
Sono evidenti i rischi di non accettazione di un sistema così basato sulla responsabilizzazione dei cittadini e delle aziende, tuttavia la inevitabile riduzione dei rifiuti indifferenziati a smaltimento determina una corrispondente riduzione dei costi complessivi sostenuti e tutto ciò si traduce in una diminuzione del carico contributivo per tutti gli utenti.

L’applicazione della tariffa puntuale dovrà comunque essere accompagnata da un severo regime di controlli e di sanzioni per i trasgressori, da parte di appositi ispettori. I costi di introduzione della tariffa puntuale non verranno comunque ripagati solo dalla riscossione delle multe, ma anche dai risparmi operativi apportati dalla RD domiciliare (che verrebbe rafforzata dalla nuova tariffa), come ad esempio la riduzione dei costi specifici e l’abolizione del servizio di raccolta dei rifiuti impropriamente abbandonati presso le postazioni dei cassonetti.

In Veneto la cosiddetta “raccolta secco-umido domiciliare” è ormai la modalità prevalente: è impiegata in 433 comuni e serve quasi il 75% della popolazione. Il 45% dei cittadini veneti (315 comuni) è servito dalla raccolta secco-umido domiciliare “spinta”, in cui si effettua la raccolta domiciliare sia delle frazioni recuperabili (umico, verde e frazioni recuperabili miste) che del rifiuto residuo.
Ma i sistemi di RD domiciliare non hanno successo solo nelle aree meno densamente popolate.
Anche in grandi centri urbani ci si sta convincendo della bontà del modello.
La RD domiciliare è applicata da anni in tutta la città di Monza, terza città più popolosa della Lombardia (122.712 ab.), in cui la frazione organica viene prelevata 3 volte alla settimana e l’indifferenziato 2 volte la settimana.
A Parma (186.690 abitanti) nel 2006 è stata introdotta la raccolta differenziata ‘integrale’ a domicilio per carta, vetro, plastica, organico e barattolame. Dopo una fase iniziale, in cui ha interessato oltre 46mila cittadini, con quartieri che hanno raggiunto tassi di RD del 75%, l’esperienza è stata giudicata un successo e presto verrà estesa a tutto territorio comunale. Ove è stata introdotta la RD domiciliare sono stati anche eliminati tutti i cassonetti stradali per l’indifferenziato residuo e si è registrata una drastica riduzione della produzione di rifiuti. A Parma è già stata decisa anche la progressiva introduzione della tariffa puntuale in tutta la città. Nel maggio 2011 è partito il quartiere di Cittadella, a cui presto seguiranno i quartieri Lubiana e San Lazzaro.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 16 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]

1 commento:

  1. Il comune di Agliana ha già presentato la seconda osservazione...

    RispondiElimina

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.